Per info e adesioni: atenecalabria@gmail.com

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Registrato e pubblicato il 4/01/2011

venerdì 24 giugno 2022

SUD E RISORGIMENTO : Cosenza ne discute



".. Che fia? per la Penisola
Che avvien? Che l'ha commossa?
Forse è il non domo Austriaco 
Tornato alla riscossa?
O Dio che del suo popolo 
Il duro giogo indegno, 
Di Babilonia il regno, 
Sperde nel suo furor? -

Tale speranza gli ospiti 
Di Roma infiamma, intanto 
Che l'italiano Tevere 
Eco si fa del pianto
De' suoi fratelli, e queruli, 
Qual per comune lutto, 
Volgono al mare il flutto
L'Arno, il Sebeto e il Po.

E tal compianto, o povero
Mio Crati, al tuo risponde, 
Or che le sante ceneri 
Muovon da queste sponde :
Dove col blando murmure
Festi conforto, quando 
Per vivere nefando , 
Ogni altro lor mancò..."

Questo brano, tratto da una ODE (forse sconosciuta a Cosenza) del nostro conterraneo BONAVENTURA ZUMBINI e  pubblicata in occasione del trasferimento a Venezia dei resti mortali dei fratelli Bandiera e Domenico Moro (11 giugno 1867),   comunica  l'intenso e accorato anelito di libertà che aveva mosso tanti giovani calabresi verso  movimenti repubblicani  liberali nazionali. 

Zumbini si fa conoscere a Cosenza poco dopo l'Unità d'Italia, pubblicando il giornale "Il Calabrese" e collaborando con altri giornali; autodidatta, colpito da una malattia che ne limiterà i movimenti ma non l'intelletto, diventerà uno dei critici letterari, saggisti e  accademici più stimati del Mezzogiorno. Uno dei fari dell'Accademia Cosentina e di altri prestigiosi presidi culturali. Dal 1905 fu senatore del regno. Aveva incontrato da ragazzo Francesco De Sanctis e approfondito le opere di Luigi Settembrini, aveva creduto nell'unificazione e sulla sua persona ha forse sperimentato la necessità di apertura culturale nazionale. Uno dei tanti e dei troppi forse dimenticati, insieme, ad esempio, ai tanti insorti e rivoluzionari del 1848, condannati a morte o messi in galera dal regime borbonico. 

Bonaventura Zumbini
  
La fucilazione dei Fratelli Bandiera nel 1844


Nel riassumere brevemente tutti gli spunti di riflessione venuti fuori del nostro incontro dello scorso 22 giugno (Risorgimento senza Sud o Sud senza memoria?) non possiamo che avvicinarci con umiltà alla grandezza di un tema di rilevanza storica che ancora nutre gli interpreti del crescente divario economico e sociale interno al nostro Paese. L'attualità connessa alla storia pertanto genera molteplici occasioni di riflessione che la nostra associazione trasformerà in incontri pubblici.






Nella fresca protezione della Sala Capitolare del Complesso di San Domenico, è Saverio Paletta che infiamma subito il dibattito, partendo dalle discussioni sull'Unità d'Italia degli ultimi anni, alimentate dalla notevole diffusione di alcuni scritti sui fenomeni più tragici per il Mezzogiorno "riunito" al Regno dei Savoia. Brigantaggio ed eccidi, finanze depredate, sviluppo compromesso in modo irreversibile, inferiorità sociale e culturale imposti da una Unità nazionale frutto di pura e semplice strategia militare. Il giornalista cosentino si concentra su  alcuni terribili fatti di quegli anni (1861-1865), raccontati in pubblicazioni di recente successo editoriale, che in diversi suoi articoli aveva provveduto con rigore scientifico a sgonfiare e ridimensionare, senza per questo evitare forti polemiche con gli autori di quei libri. Paletta è chiaro:  l'esaltazione di notizie e fatti messi insieme senza un corretto utilizzo di fonti archivistiche ufficiali ha deviato l'opinione pubblica su aspetti alla fine marginali, rispetto all'importanza complessiva della nascita del Regno d'Italia e quindi di una unità nazionale, i cui benefici del lungo periodo sono stati maggiori rispetto ai sacrifici. Che ci sia stata un forma di guerra civile è fatto che comunque tutti danno per acquisito alla storia.




L'evoluzione del "terronismo" e del razzismo antimeridionale è stata indotta anche da quelle pubblicazioni volte alle vendite più che alla qualità degli scritti - ha poi proseguito Giancarlo Costabile - così contribuendo alla diffusione di visioni ancor più pessimistiche e negative per il Sud. Ma per il docente Unical -  impegnato nella pedagogia dell'antimafia, attivo con Libera di don Ciotti -  è chiaro che il Risorgimento, quale insieme di vicende non incentrate sulla partecipazione rivoluzionaria concreta delle masse popolari e contadine, non ha realizzato quella liberazione effettiva dai poteri di tipo feudale che i Borbone avevano tutto sommato tenuto in vita.  Anzi, partendo dalle considerazioni di Gramsci, Costabile dice chiaramente che la congiunzione delle élites del Nord con quelle locali, ha avuto bisogno - per questione di ordine e tenuta delle istituzioni - dell'apporto di tutti quei gruppi non troppo diversi dalle moderne mafie. 

Il rischio di una mancanza di riferimenti culturali locali, ha poi rilevato Luciana De Rose, ci fa perdere anche di vista l'esigenza di connettere il nostro territorio ai contesti nazionali e internazionali. L'antichista e storica dell'Unical cita alcuni saggi sui viaggiatori dell'Ottocento e gli scritti di autori che descrivevano con meraviglia e stupore la bellezza e la purezza della Calabria. 

Nello spirito voluto dall'associazione, per la costruzione di momenti di condivisione e riflessione che rappresentino dei veri momenti culturali, continua a essere fondamentale la partecipazione attiva del pubblico. Così è stato, con gli interventi di Mario Perfetti, Primario di Patologia Clinica, studioso del Regno delle Due Sicilie, storico e scrittore e  Fedele Sirianni, ferroviere di lungo corso e tradizione, studioso e storico delle Ferrovie, scrittore; entrambi portatori di quella voce critica e non rassicurante sulla effettiva importanza del Risorgimento. Mario Perfetti ha insisto sul rigore delle fonti e sulla necessità di comparare il prima e il dopo l'Unità, proprio per comprendere quanto il Sud abbia perduto. Per Fedele Sirianni la questione è poco da discutere: il Risorgimento per il Mezzogiorno non si è mai realizzato, a partire dalla dotazione di tratti di ferrovia.

Nelle conclusioni di Michele Arnoni una domanda: Il Risorgimento e l'unificazione nazionale sono compiuti? E' possibile ad esempio considerare Giovanni Falcone come uno degli ultimi martiri nazionali?  Un precursore del necessario sviluppo del Sud quanto a libertà e legalità? Mentre a livello europeo, quanto può essere oggi importante favorire unificazione e non divisioni e chiusure? Domande aperte anche per il prosieguo nei prossimi incontri...




Il nostro pomeriggio culturale ha goduto della partecipazione di Flavia Salvagnoni, studente undicenne di violino al Conservatorio di Cosenza: tre brani eseguiti in modo eccellente hanno in momenti diversi addolcito la discussione e reso più piacevole lo stare insieme. La giovane musicista è figlia di Beppe Salvagnoni,  progettista grafico,tra i fondatori della nostra associazione e autore delle nostre locandine.


Alcuni dei presenti con i relatori del convegno 






venerdì 17 giugno 2022

Risorgimento : una ferita ancora aperta?

Se l'attualità politica, sociale e culturale appare da diverso tempo indecifrabile e priva di prospettive, anche sui fatti storici più importanti si riversano inquietudini, contrapposizioni, lotte ideologiche. Fino a  rendere quasi  impossibile una discussione serena e obiettiva.

Uno dei paradossi della modernità è proprio quello dell'attualità che condiziona la storia.

Viviamo da qualche anno un dibattito a tratti feroce, tra storici e meno storici, sul significato del Risorgimento e dell'unificazione nazionale per la storia della Calabria e del Mezzogiorno.

La cosa certa è che  quegli eventi non furono una passeggiata romantica né un gioco a tavolino per pochi eletti. Ci furono strategie politiche raffinate ma anche sangue e sofferenza, ideali e speranze sul campo, tradimenti e sacrifici.

Una fase così delicata della storia italiana è stata forse raccontata a prescindere da noi? Calabresi e meridionali semplici vittime e spettatori di processi fondamentali ? E questa modalità si è ripetuta e continua a ripetersi quanto a processi politici ed economici ?

Gli illustri ospiti del nostro prossimo incontro rappresentano uno spaccato di settori cruciali per la formazione e la maturazione di spirito critico: quanto siamo capaci di raccontare, insegnare e trasmettere valori ai più giovani ?

Un primo incontro, quello del prossimo 22 giugno, che vuole quindi (ri)aprire a Cosenza un dibattito e lasciare una traccia nella  coscienza e nella memoria locali, con un invito a chi proprio non vuole rassegnarsi a cancellare radici e identità, di non abbandonare il campo a sterili polemiche e manipolazioni strumentali. 

Con l'obiettivo di  proseguire la trattazione di questi temi in altri incontri, con la partecipazione di giovani e studenti.  

Come nel nostro passato associativo, anche il valore della musica sarà messo in risalto, con alcuni brani interpretati dalla giovanissima violinista Flavia Salvagnoni.





sabato 26 marzo 2022

L'arte della retorica e la guerra





Il pensiero critico è necessario.

Il dissenso deve essere consentito. 

E quando ci si oppone al dissenso, non per violare un diritto, ma per contestare ciò che si dice o si omette nell'esercizio distorto di quel diritto, non si deve essere condannati o  classificati tra le schiere antidemocratiche. 

Chi parla e vive comodamente nel mondo occidentale (quello sin qui conosciuto); chi ha addirittura il compito di spiegare la geopolitica non può omettere di ricordare che questo si fonda su antiche e recenti guerre totali e su centinaia di accordi che costituiscono un "pacchetto" da tenere in casa propria sin dalla nascita. 
Ci si dimentica, troppo spesso, che arrivare alla pace è dura, ma mantenerla è durissima. E che non solo le armi, ma le troppe parole sbagliate ne compromettono la durata e la qualità. Che è preferibile sognare al momento opportuno. 
Quasi sempre non riusciamo a immaginare di dovere un giorno noi stessi imbracciare un fucile per difendere le nostre città. 
Ammorbidirsi e lasciar correre un evento dopo l'altro, man mano più vicino ai nostri confini "ideali", significa accettare il rischio di un graduale sovvertimento di quel sistema che ci ha allevati, di vedere esplodere quel "pacchetto" in casa nostra. 
E se si accetta, sia pure tacitamente, nei nostri discorsi quel rischio, lo si fa in nome di cosa? 
Per esempio, chi governa oggi la Russia potrebbe essere un paladino garante di un eventuale nuovo assetto, di un nuovo mondo? 
Ma, in fondo, questo nuovo mondo cambierebbe la qualità delle nostre vite, migliorerebbe i rapporti tra le nazioni? Solleverebbe dalla fame nera milioni di persone?  
Non sembra, allora, che molti provino solo gusto a esercitare la retorica, antica, di un dissenso astratto, giusto per mantenere vivo il dibattito? 
E quanto siamo capaci e cosa sappiamo fare, cosa abbiamo fatto per migliorare il nostro mondo in tempo di pace? 
Saremmo in grado di stravolgere pacificamente i valori e i principi economici su cui si basa l'Occidente?  
Le guerre si fanno per fame (fisica e morale, di diritti), avidità o follia; talvolta per paura. 
Siamo almeno in grado di capire quest'ultima in quale categoria rientra? 
In modo da sapere come meglio definire la pace? 
E poi che si fa? Si aspetta che  finisca da sé? 
E se gli americani non volessero più intervenire? 
E se da spettacolo una guerra diventasse necessità stringente dalle nostre parti? 
E se gli ucraini non volessero cedere fino all'ultimo uomo all'impiedi nei loro territori? 
E se lo stesso destino dovesse toccare a tante piccole e giovani repubbliche europee, prima o poi? 
Ecco, alcuni  analisti sanno immaginare e spiegare i principi, ma a certe piccole domande urgenti mi pare non sappiano dare risposte credibili. 
Non ho fatto altro che aderire alle battaglie retoriche degli ultimi giorni, forse. 
Magari credo, come tanti ancora, che i dibattiti e lo scambio aperto di opinioni aiutino i governi a decidere al meglio. 
Illusioni o meno, aggiungo soltanto l'augurio che competenza, serietà e verità guidino i protagonisti e gli analisti pro-tempore del nostro destino di cittadini del mondo.    

Michele Arnoni 



sabato 19 marzo 2022

PER UNA CITTA' VERAMENTE GREEN





L'evoluzione storica dello spazio verde diventa filo conduttore con il quale è descritta la storia stessa delle città. Per cui possiamo ammettere che sussiste o dovrebbe sussistere un legame imprescindibile tra città e il suo verde. Quel verde urbano che è uno degli elementi principali volti miglioramento della qualità di vita dei cittadini, essendo di fondamentale importanza nel quadro della generale sostenibilità.   La gestione di questa importante componente naturale, sempre più sentita, cresce in proporzione al cambiamento delle abitudini,  protratte e predisposte verso stili di vita di qualità e benessere capaci di influire su tutte le fasce di popolazione, attraverso esperienze dirette vissute nella propria città.

Se consideriamo i metri quadrati di verde urbano disponibili per ogni cittadino, nei capoluoghi di provincia Italiani (elaborazione openpolis su dati Istat) si scopre: Matera 990,47 metri quadrati per abitante, al primo posto, seguita da Trento (399,61 mq), Sondrio (316,94 mq) e Potenza (190,95 mq). I capoluoghi con meno disponibilità di verde urbano sono le città calabresi con Crotone all'ultimo posto con solo 3,46 metri quadrati per abitante.

Lo sviluppo del verde urbano è regolamentato dalla legge 10/2013, normativa che prevede per lo Stato un ruolo di monitoraggio e pianificazione a livello nazionale, mentre a Regioni, Province e Comuni affida funzioni più operative di pianificazione. Il verde pubblico è fattore non sopprimibile nella gestione dei piani urbanistici.
I Comuni devono pertanto destinare una parte del loro bilancio alla manutenzione del verde urbano: spesa inclusa nella voce di "tutela, valorizzazione e recupero ambientale".
A tal proposito, sarebbe interessante vedere cosa dicono i bilanci sulla spesa del Comune per  la valorizzazione e  il recupero del verde. In diverse occasioni sembra che si insista con pratiche topiarie completamente fuori controllo e prive di ratio, che vanno nella direzione diametralmente opposta alle succitate finalità, confermando i dati ISTAT non solo sulla quantità del verde pro capite, ma anche sulla qualità.
Cosenza, con il suo sviluppo urbanistico, ha sempre dimostrato in passato una certa sensibilità verso il verde pubblico, inteso principalmente come corredo urbano. Un po' meno la cultura verso parchi e giardini propriamente detti, trend che ha avuto un timido cambio di rotta in tempi più recenti, ma ben lontano da altre realtà simili.  Comunque si è sempre potuto godere, con un certo orgoglio, della gradevolezza di vie e viali alberati, dove le policromie delle chiome hanno regalato gradevolezza al passeggio all'ombra delle fronde, oltre a piacevoli giochi di colori e contrasti, non casuali, mirati e caratterizzanti i quartieri.  
Cosa sarebbe via Roma senza i suoi Lecci? Oppure, le limitrofe traverse contraddistinte dal rosa delle chiome fiorite del Prunus di via Parisio e via Palatucci , o Corso Luigi Fera, che anticipano temerarie l'arrivo della primavera, regalando, poi, un rosso intenso ? Cosa dire dei colorati fiori degli Oleandri di via Rodotà e via Simonetta, o i colorati Solanum di via Isonzo, il verde variegato dei Ligustrum di via Medaglie D'oro,  i profumati tigli di via Alimena, o le Palme della scalinata di via Calabria?  Ciò ad attestazione di quanto l'architettura si sposi, completandosi con il dono, l'eleganza delle alberature, che deve sfuggire alla sola pragmaticità in termini di utilità. 
La loro importanza diventa innegabile e accreditata, esemplificandosi nelle proprietà ad esse attribuite nel ridurre di un grado e mezzo la temperatura esterna nelle calde giornate estive. Da ciò, in passato, la ratio di utilizzare nei luoghi interessati da climi caldi, piante che proteggono dalle calure estive, lasciando passare i raggi solari nel periodo invernale.
La nostra città attraversa un momento buio per quanto concerne la gestione del patrimonio verde e dell'ambiente in generale. 
Una perenne cantieristica - quella che definisco "eterno non finito" e del "tutto in divenire" - con  l'affidamento di tale gerenza a Cooperative che in sostanza operano in autogestione, prive di linee guida, forse nell'assoluta mancanza di competenze dedicate al patrimonio ambientale.
 Con tutto il rispetto per il lavoro di chi viene destinato dai rispettivi uffici pubblici, le capitozzature, che in sostanza permettono di potare un albero in circa mezz'ora con personale poco qualificato, (una potatura può richiedere 2-3 ore per albero ), sono concausa del depauperamento dell'alberatura, provocandone, in alcune strade, la quasi totale scomparsa, oltre al desolante scenario, molto lontano dagli scopi che tali operazioni si prefiggono come finalità:  decoro urbano, tutela del patrimonio verde, sostenibilità.
Se a questo uniamo l'incuria generalizzata, nonché la subcultura che aleggia, responsabile dei fenomeni di deturpazione a carico di alberi "colpevoli" di coprire insegne e vetrine con le chiome, resta la "catacresi". 
I marciapiedi con i vuoti e tronchi secchi sono lasciati decomporre alle intemperie come metafora della caducità del tempo.
Come si è potuto arrivare a tutto ciò? Quale il legame tra passato e il presente? Quale il futuro in questa città?
Forse agli occhi di un profano un "misero"  alberello non sembrerebbe potato male, tali descrizioni potrebbero risultare faziose, ma in realtà troncando i suoi rami, chi ha eseguito tale pratica, non ha avuto la minima idea di cosa potesse essere una potatura di ritorno e cosa significhi rapportare la chioma rispettando la tipicità radicolare dell'albero. Alberi d'alto fusto mozzati delle branche laterali senza alcun rispetto della pianta sono veri e propri danni, gravi, inferti. L'esigenza di dare "luce" a vetrine, far lavorare, dipendenti a prescindere, optando per queste inopportune metodiche e non appellandosi ad un criterio professionale, ha sedimentato un modus operandi che non stimola la logica lasciando danni visibili nella città.
Occorre promuovere maggiore sensibilità verso i nostri parchi e le aree dove sopravvivono anche minime isole verdi: un solo albero ben tenuto può qualificare un intero quartiere.
E' necessario che l'amministrazione comunale si avvalga, in materie delicate come quella del verde pubblico, di competenze specifiche e qualificate, anche in partenariato con altri enti pubblici.

Piero Dramisino 

direttivo L'Atene della Calabria

domenica 12 dicembre 2021

Ricostituzione del gruppo direttivo dell'associazione

Lo scorso 7 dicembre fondatori e nuovi soci dell'associazione si sono ritrovati per dare vita al nuovo gruppo direttivo e a un confronto sulle attività da svolgere nei prossimi mesi.
 L'Atene della Calabria vuole proseguire nell'opera di sensibilizzazione e divulgazione sui temi storici e culturali riguardanti Cosenza e provincia, con uno sguardo attento al presente e al futuro della vita locale.
Insieme alle proposte e alla programmazione dei prossimi eventi, si è quindi proceduto all'elezione del presidente e all'individuazione dei componenti del coordinamento/direttivo dell'associazione.
In attesa del nuovo tesseramento e della convocazione della prossima assemblea pubblica, sono stati individuati  Michele Arnoni come presidente, Alfonsina Florio segretario e Beppe Salvagnoni tesoriere. 
Il direttivo sarà poi composto da Alfredo Salzano (responsabile ambiente e tesseramento con Beppe Salvagnoni), Domenico Marigliano
e Piero Dramisino. 
In attesa di un miglioramento della situazione sanitaria globale, sarà presto comunicata la data del prossimo evento aperto alla partecipazione di tutti i cittadini e a coloro che vorranno partecipare da soci tesserati a tutte le altre iniziative civiche e culturali. 
L'Atene della Calabria sarà dunque, senza pretese di esclusività, parte attiva nella promozione del territorio e del valore ambientale e culturale che esso esprime, anche collaborando con altre realtà associative / civiche, su progetti concreti aventi le medesime finalità. Fondamentale, per come deciso nella stessa riunione all'unanimità, rappresentare un punto d'incontro con le migliori energie e competenze locali per elaborare proposte e per segnalare disfunzioni alle istituzioni locali.










domenica 14 novembre 2021

"Se mancano i termini di confronto con il passato, non è possibile orientarsi per l'avvenire" (Marcel Poete)

Nella bellissima e austera cornice del Complesso Museale di San Domenico si è svolto il primo degli  incontri curati dall'associazione culturale "L'Atene della Calabria", dedicati alla città di Cosenza tra passato e futuro.

Il chiostro di San Domenico

Il luogo dell'incontro - ha esordito Francesca Cannataro - è fortemente rappresentativo della congiunzione fra la tradizione storica e la modernità espressa con le nuove scelte urbanistiche dei primi del '900, per cui il nostro sguardo deve sempre rimanere attento sulle esigenze dell'abitato storico, del nostro patrimonio culturale e dei valori che le vecchie generazioni con sacrificio hanno praticato per il bene comune. La giornalista cosentina che ha moderato l'incontro - oggi Ufficiale della Riserva Selezionata dell'Esercito - ha collaborato a importanti attività di restauro e conservazione di beni architettonici per la città di Cosenza e lavorato a inchieste giornalistiche dedicate alla valorizzazione del nostro patrimonio culturale. 


Francesca Cannataro, Alfredo Salzano
 e Michele Arnoni 

Nel ricordare la figura di Fortunato Tommaso Arnoni, interprete e realizzatore principale di una delicata fase della storia locale e nazionale, Michele Arnoni (avvocato cosentino, classe '74 e autore del libro "Il podestà - ritratto di F.T. Arnoni e del suo tempo" reperibile presso la Mondadori di Cosenza ) ha evidenziato la valenza delle trasformazioni politiche e sociali rispetto alla formazione e le capacità del ceto politico dei primi del secolo scorso.   La crisi politica e finanziaria del Comune, le lotte ideologiche dei primi del '900 che rivelarono le difficoltà di rinnovare una classe politica ormai poco capace di prendersi le proprie responsabilità, temprarono la volontà di un giovane F. Tommaso Arnoni,  forte delle sue esperienze professionali e amministrative vicino ai bisogni della popolazione (nella commissione provinciale assistenza e beneficenza dal 1904 e poi come presidente degli stabilimenti di assistenza dal 1916 al 1943). Come non molti altri politici seppe mantenere dirittura morale e spirito realizzatore in tutti gli uffici affidatigli nel corso degli anni. Proprio negli enti più attenzionati dalle riforme iniziate da Crispi e Giolitti, perché era lì che si annidavano corruzione e sperperi (come nel settore dei lavori pubblici), il Deputato vicino alla vecchia tradizione radicale e liberale (dal 1919 al 1938), commissario prefettizio e podestà dal 1924, ha dedicato molta parte della sua vita affinché gli interventi più significativi coniugassero valenza sociale, risparmio economico, solidità e bellezza. Nell'affacciarsi del potere di Mussolini e Bianchi, nella sua città ricca di oppositori, seppe prendersi la responsabilità di gestire il Comune, pur potendo scegliere - come tanti - di rimanere alla finestra continuando in una promettente e brillante carriera professionale. 

Tommaso Arnoni

Nelle bellissime e poco conosciute immagini fotografiche fornite e commentate da Alfredo Salzano (un vero e proprio attivista della memoria locale, appassionato divulgatore storico e presidente del WWF regionale per molti anni) i presenti hanno potuto cogliere il significato e l'ampiezza delle realizzazioni in quella Cosenza che, a prescindere dai colori politici, confidava in un complessivo rinnovamento sociale ed economico. Nel consolidarsi della dittatura, la distinzione tra partito e Stato, tra attivisti e amministratori  è rimasta tangibile negli uomini come Arnoni, sempre e comunque fermi nella oculatissima gestione delle risorse e nella salvaguardia del principio del buon andamento amministrativo.  Erano gli uomini come lui - eredi della tradizione fondativa dell'unificazione nazionale, vicino a politici come Luigi Fera, Giovanni Giuriati, Francesco D'Alessio e Giuseppe D'Andrea - a rappresentare con autorevolezza le numerose cariche ricoperte. Interessante il richiamo alla sua attenzione per la Biblioteca Civica, allora priva di una decorosa sede: riprendendo una battaglia di Luigi Fera, riuscì a far edificare in pochi mesi la bellissima struttura che ancora oggi arricchisce il significato di Piazza XV marzo, così agevolando il prestigio dell'Accademia Cosentina e garantendo adeguata custodia agli 80.000 volumi antichi già allora presenti. 

Il Rione Bianchi, nel 1928
Il primo getto d'acqua dal Merone, nel 1932
                                                                    
Ma gli incontri dell'associazione guardano al futuro e alla sensibilizzazione su temi attuali e stringenti, proprio come quelli relativi alla pianificazione urbanistica. 

La nostra città ha sempre maggiore bisogno di conoscenza e partecipazione rispetto le scelte che modificano assetti e valenza strategici.

L'incontro ha visto infatti la relazione e le deduzioni tecniche dell'architetto Fulvio Terzi, studioso esperto di storia e urbanistica, già docente Unical che, con la consueta chiarezza divulgativa, ha tracciato le evoluzioni più significative della città dal punto di vista degli assetti edilizi, della viabilità e della progettazione complessiva rispetto alle mutevoli incidenze dei bisogni della popolazione. 
Fulvio Terzi e alcuni ospiti 



il numero degli abitanti di Cosenza negli anni : erano 100.000 nel 1970

L'architetto Terzi, servendosi di piante ufficiali delle diverse epoche, ha tracciato gli sviluppi dei quartieri ed evidenziato scelte urbanistiche con le loro connessioni storiche, lasciando nei presenti alcuni spunti di riflessione sugli attuali strumenti urbanistici in campo. Le città richiedono attenzione e studio dei numerosi fattori elevati a parametri di riferimento - non sempre chiari - per lo sviluppo edilizio, per l'ampliamento dei servizi e la soddisfazione delle necessità primarie degli abitanti.
Dagli interventi e dalle domande del pubblico sono infatti emerse esigenze di maggiore qualità e partecipazione rispetto alle scelte amministrative che condizionano fortemente la vita di tutti i giorni nella città.


L'associazione si ritroverà presto per promuovere gli incontri con cittadini, studiosi e amministratori, per sensibilizzare sulle tematiche culturali, sociali e amministrative che determinano l'essenza del territorio. 
Grazie a numerosi ospiti presenti, tra cui gli amici del movimento civico "Noi", è stato garantito il consueto spirito interattivo e partecipativo.
Un ringraziamento particolare è stato volto ai responsabili e ai tecnici della struttura che ha ospitato l'evento.

                                                                                                  

















martedì 9 novembre 2021



L'Atene della Calabria si (ri)presenta alla città, con un incontro incentrato sulle connessioni tra  passato e futuro, sugli elementi materiali e morali lasciati in eredità da uomini e  donne che sono stati protagonisti, testimoni o interpreti importanti della nostra storia, dall'antichità sino ai giorni nostri. 

Gli eventi in cantiere avranno come obiettivo principale la divulgazione e la sensibilizzazione su temi sociali, artistici, culturali, urbanistici e di etica pubblica. 
Prendendo spunto da vicende del nostro passato - e non solo - l'associazione si proporne dunque come ulteriore gruppo civico attento alle problematiche e alle prospettive del territorio.

Sabato 13 novembre, dalle 10.30, nella Sala Capitolare del Complesso di San Domenico, si ritroveranno soci e ospiti  per ravvivare quel dibattito che, partendo dalla storia e, in questo caso, dalla figura di Fortunato Tommaso Arnoni (l'amministratore pubblico dei primi del '900, podestà del Capoluogo dal 1925 al 1934) mira a puntare i riflettori su alcuni aspetti del possibile futuro di Cosenza, da un punto di vista non solo urbanistico.

Insieme a Michele Arnoni (autore del libro pubblicato in occasione del settantesimo anniversario della morte di Fortunato Tommaso Arnoni) ci saranno Francesca Cannataro (giornalista ed esperta in beni culturali), Alfredo Salzano (storico, ambientalista) Fulvio Terzi (architetto, autore di numerose pubblicazioni, tra cui "La città ripensata - architettura e urbanistica a Cosenza tra le due guerre")
I relatori sono da molti anni accomunati da uno spirito di appassionata sensibilità civica, desiderio di ricerca e divulgazione in favore della cittadinanza, in un'ottica di condivisione e propagazione di interessi, crescita e partecipazione.  Li ringraziamo molto per la gentile e affettuosa condivisione del loro sapere e della loro esperienza, nell'aderire al nostro invito.

L'incontro - nel rispetto della normativa anticovid (ingresso con green pass e mascherina) - sarà aperto agli interventi di cittadini e rappresentanti di enti e associazioni.

 Si ringrazia in modo particolare Beppe Salvagnoni, progettista grafico, autore della copertina del libro e della locandina dell'evento